Le origini di questa fortezza sono strettamente legate alla storia degli due castelli delle “terre di Focara”, anche se purtroppo gran parte dei suoi resti sono andati perduti in seguito al grande sviluppo turistico della cittadina negli ultimi decenni.
Un’idea di quello che nei secoli addietro fu il castello di Gabicce può essere ricavata osservando i bellissimi acquerelli di Francesco Mingucci e del Liverani, che lo hanno fedelmente riprodotto come appariva nel 1600 e nell’800. Il castello ha ereditato probabilmente il suo nome da quello di una famigliache lo possedette nella notte dei tempi. Il toponimo originario era infatti castrum Ligabitij, ossia catello di Ligabizio o dei Ligabizzi, che poi si trasformò in Ligabicci, Le Gabicce e infine Gabicce. Secondo un’altra ipotesi, Ligabitius potrebbe essere il sostantivo con cui venivano indicati coloro che svolgevano il lavoro di “legabecchi”: tale ipotesi trova le sue ragioni nella consistente presenza di capre, (chiamati appunto becchi) che in epoca passata trovavano il loro habitat ideale proprio sulle colline del S. Bartolo.
Oggi, ad eccezione della chiesa di Sant’Ermete, sono poche le tracce lasciate dalla fortezza, anche se fino all’ultima guerra erano ancora visibili alcuni resti delle mura, la porta su cui troneggiava un piccolo campanile e un nucleo antico di case dalle viuzze strette e tortuose, che rappresentavano una modesta difesa contro l’implacabile forza dei venti di bora.